Pìnakes


Alle illusioni
perdute.

1. # Pioggia
2. # Sigarette
3. # Shoreijyu
4. # Sutra
5. # Chakra
6. # Areoplanini
7. # San

Commento finale.

Il mio proposito, nello scrivere questi quadretti, era quello di tentare di mostrare l’altra faccia di Genjo sanzo Hoshi. Quella nascosta nelle allusioni, fra le pagine del manga, nere sullo sfondo e sfumate nei tratti. Mostrare il volto che il nostro monaco cela costantemente o che, forse, semplicemente, abbiamo sempre di fronte e ormai non distinguiamo più.
Sanzo, in definitiva, è una maschera. Affascinante, carismatico, cinico e disilluso tanto quanto ferito, fragile, instabile e perduto. Ed è proprio nella molteplicità delle sfumature, nei chiaroscuri angoscianti e malinconici che risiede la bellezza schiva e conturbante, suadente, di questo stupendo, autentico personaggio.
Se sono riuscita sfiorarlo, a catturare un istante della sua sfuggevolezza, questo lo deciderete voi.

Le drabble che ho composto hanno come una loro motivazione sia per la collocazione che ognuna ricopre sia per il numero scelto. É impensabile credere di poter incatenare la figura di Genjo Sanzo Hoshi in poche immagini. Non ho questa assurda, inarrivabile pretesa. Per questo ho scelto di limitarmi a pochi fotogrammi, fermandone il numero a sette. Non casualmente.
Nel buddismo, il sette ha un fortissimo valore magico e sacrale, in quanto indica l’uomo in comunione con la proprio anima. Sette sono i nomi con Buddha viene chiamato e sette sono i principi che vengono attribuiti all’uomo: Atma, che significa scintilla divina; Budhi, che è lo spirito; Manas, l’ anima; Kama Rupa, gli istinti; Shtula Sarira, la materia, Linga Sorira, il corpo astrale e, infine, il Prana, che è l’essenza della vita.
Sette, però, è anche un numero esoterico, impiegato proverbialmente per indicare un maestro che ha vissuto a lungo e ha fatto esperienze di vita. Indica l’anzianità piena di chi ha fatto esperienze, e di queste ha colto il valore profondo. Genjo Sanzo non è certamente un maestro nel senso di anzianità d’esperienza, nè il sette gli è attribuito per la lunghezza della vita affrontata. Il legame, che ho voluto intrecciare, sottintende il fatto che, benchè ancora giovane d’età, Genjo Sanzo è stato costretto a invecchiare a causa delle esperienze che lo hanno segnato. É vissuto. Semplicemente.
Ecco, dunque, le motivazioni per questo numero: Genjo Sanzo ha consumato la vita, che ho tentato parzialmente di fermare in sette spaccati della sua anima.

L’ordine. Non è stato scelto a caso. Le sette drabble possono, infatti, esser suddivise in tre gruppi: da # Pioggia a # Chakra; # Areoplanini; # San.
Il primo gruppo è forse, anzi certamente, il più complesso da comprendere, temo. Trascina nel passato, con una strutturo circolare. La pioggia e il chakra che aprono e chiudono rimandano alla tragica notte dell’infanzia di Genjo Sanzo che tutti noi ben conosciamo. Sono il legame più forte, credo, che lo tiene ancorato al passato: gli elementi ereditati di quella maledetta notte: la pioggia è la debolezza del rimorso; il chakra la forza del rimpianto.
In mezzo, # Sigarette, # Shoreijyu e # Sutra. Tre spezzoni che iniziano, non casualmente, con il fonema esse. Esse come Sanzo, Komyo Sanzo. Il centro, quindi, di quel passato che Genjo Sanzo non si permette di dimenticare. Le sigarette e il sutra sono ciò che accomuna maestro e allievo, la shoreijyu invece la voglia di vendicarlo. Al centro, l’unico modo, forse, l’unica illusione per esorcizzare il passato. Le eredità di Genjo Sanzo, dunque: quella indiretta, racchiusa in # Pioggia e # Sigarette e quella diretta, in # Sutra e # Chakra; nel mezzo, # Shoreijyui, ciò che le collega.
# Areoplanini compone, invece, da solo il secondo gruppo e rappresenta il punto di contatto fra il passato delle drabble precedenti e il futuro di quella seguente. Gli areoplanini di carta sono la concretizzazione dell’infanzia serena di Kouryu al fianco del suo maestro. Un’altra eredità di Komyo Sanzo, che permette a Genjo Sanzo di ricreare un legame simile e assieme diverso. La scena è comune, ma diversi sono i protagonisti: Sanzo è adesso il maestro, non più l’allievo, e Goku è il riflesso spensierato dell’infanzia che si è visto rubare. Della spensieratezza strappata.
Infine, # San. L’ultimo gruppo. É l’unica drabble per cui ho preferito il titolo in lingua giapponese (san significa tre). Il punto di arrivo: il presente. La realtà di cui Genjo Sanzo fa parte, volente o nolente. I tre amici che lo accettano e lo stimano per quello che è, e che lui si ostina a non voler considerare. Il riconoscere un cambiamento e negarlo assieme, con la cocciuta sicurezza di non volersi invischiare in qualcosa che può far male. Il presente cui Genjo Sanzo si aggrappa con tutte le sue forze, anche se lo nega, indispensabile per cercare di rimarginare le ferite.

Desideravo ringraziare, nel momento di chiudere questa piccola raccolta, tutti coloro che l’hanno letta e, in special modo, coloro che hanno avuto la gentilezza di commentarmi. La gentilezza che mi avete mostrato è meravigliosa, e non ho davvero parole per esprimere la gratitudine che vi porto.
Spero solo che questa piccola nota conclusiva non vi risulti antipatica. L’ho inserita in risposta ad una domanda che mi è stata posta, e assolutamente senza interesse autocelebrativo. Lungi, al contrario, da me una simile intenzione.
Ho provato semplicemente a spiegarvi il disegno che ho tentato di seguire e che si era delineato nella mia mente. Una lettura, quindi. Certamente non l’unica possibile, nè tanto meno la più corretta. Ci sono infinite possibilità. E io non intendo per nulla imporre la mia. Ognuno è libero di leggere come vuole.